🏴☠️ Lavoro, o del grande inganno collettivo
- lablusparrow1
- 5 mag
- Tempo di lettura: 2 min
Avanti, dite pure insieme a me:
“Lavoro, lavoro, lavoro!”
(Se lo ripeti tre volte davanti allo specchio, compare uno stage non retribuito.)

Viviamo per lavorare
.Lavoriamo per vivere.
E nel mezzo? Ci facciamo una tisana alla rassegnazione e una bella scrollata su LinkedIn.
Questa piccola, infida parolina – lavoro – ci tiene svegli la notte, ci fa trangugiare litri di caffè (e non per passione, ma per sopravvivenza), e ci costringe a sorridere ai clienti come se non avessimo un mutuo che ci rincorre con un forcone.
Ma… cos'è davvero lavorare?
È un atto nobile, un bisogno creativo, una fregatura sistemica o una trappola con la forma di un badge aziendale?
Ve lo chiedo da pirata: perché ci hanno convinti che il lavoro nobilita l’uomo?
Chi l’ha deciso, esattamente? Uno con lo yacht e i dipendenti sottopagati?
E la vera domanda, la più inquietante, è questa:
Senza il lavoro… chi saremmo? Un buco nero sociale? Un’ombra tra le ombre? Un essere umano… inutile?(Tranquilli, la crisi d’identità è inclusa nel pacchetto benefit.)
Pensateci. Quanti, tra noi, si sentono nessuno quando non lavorano?
Tipo: “E tu cosa fai nella vita?” “Respiro, ogni tanto.” Silenzio imbarazzato. Sguardi sospettosi. Ti buttano fuori dalla cena.
Perché la differenza, tra noi e chi vive ai margini, spesso è proprio questa: una parola. Un contratto. Un’etichetta .Senza quella, il mondo ti guarda come se fossi uno scarto, non un individuo.
E anche quando fai un lavoro “creativo” – attenzione – mica te la cavi.
Se sei pittore ma non vendi quadri, sei “quello strano col cappello”.
Se scrivi e non pubblichi, sei “quella che scrive diari segreti”
.Se suoni ma non fai Spotify money… sei solo “uno che ha mollato tutto per la musica” (traduzione: fallito con stile).
Insomma, viviamo in un mondo dove il lavoro è la carta d’identità dell’anima
.Se ce l’hai, entri al party. Se non ce l’hai… sei il tizio fuori che sbircia dalla finestra.
Ma ascolta bene, mozzo mio: il valore non viene da un contratto.
Non da uno stipendio.
Non da un’etichetta appiccicata sulla fronte col nastro adesivo da 9 a 18.
Quindi la mia domanda finale, mentre issiamo le vele in questo oceano di nonsense moderno è:
👉 Se il lavoro sparisse… chi saresti tu? Cosa faresti, se nessuno ti dicesse chi dovresti essere?
Scommetto una bottiglia di rum che sei molto più di quel ruolo sulla firma e-mail.
Hai solo bisogno di riscoprirti. E magari… smettere di sorridere a comando.
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