🎭 Maschera – Il post di sfogo della settimana
- lablusparrow1
- 20 mag
- Tempo di lettura: 2 min
Quanti di noi, ogni maledetta mattina, allo squillo della sveglia indossano una maschera?No, non quella figa da ladro gentiluomo o da supereroe con la tuta attillata.
Parlo proprio di quella maschera invisibile, adesiva, che ti si appiccica addosso come i sensi di colpa dopo una brutta decisione.
Quella che metti quando vorresti urlare “avete rotto tutti un po’ il cazzo”, ma invece ti ritrovi a dire “tutto bene, grazie” con il sorriso da Barbie in esaurimento nervoso.
Perché sì, hai un ruolo. Anzi, almeno tre. Figlia. Amica. Fidanzata. Lavoratrice. Forse anche madre, terapeuta non pagata, motivatrice motivata. E il premio Oscar va a… chiunque riesca a non esplodere.

Poi ci sono quei giorni storti, quelli in cui l’unica cosa che vuoi fare è NON essere. Non appartenere. Io li chiamo i giorni del tempo della non appartenenza. Un tempo lento, sospeso, in cui la possibilità di non essere nulla è quasi liberazione.
E sapete una cosa? Va. Bene. Così. Va bene stare male. Va bene non avere nulla da fare. Va bene anche voler prendere a pugni l’aria, voler piangere in mezzo al traffico, o stendersi sul pavimento del bagno a fissare il soffitto chiedendosi se Dio è in ferie.
Il mondo ci ha insegnato che bisogna sempre reagire, fare, sorridere, produrre.
Io dico: e se invece oggi no? E se oggi va bene anche spegnersi un attimo?
Tipo stand-by cosmico, senza nessuno che ti ricarichi a forza con un cavo USB emotivo.
Oggi mi è successa una cosa strana. Ho subito un lutto. Le lacrime stavano per uscire, erano lì, pronte al decollo. E poi click.
La mia testa ha tirato il freno a mano. Ho sorriso. Davanti alla mia famiglia. Così, senza pensarci.
In quel momento ho capito che la maschera che ho creato per sopravvivere è diventata lei la regista. Io? Io sono solo il burattino che annuisce.
Ed è anche per questo che esiste questo blog.
Perché da qualche parte dobbiamo pur smettere di recitare. Perché serve un luogo – anche piccolo, anche storto – dove poter dire “oggi non ce la faccio” senza essere risucchiati dal giudizio. Un porto. Una taverna galleggiante. Un posto dove lasciare cadere la maschera e restare semplicemente… vivi.
E ora, il gran finale. Ogni sera, qualunque cosa sia successa – che sia stata una giornata di gloria o di disastro apocalittico – io e Benny, il mio complice di vita e bestemmie, ci mandiamo affanculo. Sì, proprio così. Un bel vaffanculo come saluto della buonanotte. Con affetto, eh.
È il nostro modo per dirci: “Anche oggi ce l’hai fatta, pirata. Domani si riparte. Ma ora fanculo tutto, dormi.”
E sai cosa? Dovremmo farlo tutti .Almeno una volta al giorno. Un bel vaffanculo d’amore: alle aspettative, ai doveri, alle maschere, ai giudizi, ai ruoli di cui non abbiamo chiesto il copione. Con stile. Con poesia.
Con tutta la grazia di chi ha deciso che non si salverà apparendo perfetto, ma restando vero.
🎭Questo è un vaffanculo d’autore.
Firmato Blu Sparrow.
(Con la faccia struccata, la voce roca e la bottiglia mezza vuota. O mezza piena, dipende dal punto di vista.)
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